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theselbmann

Jean de Santeul aveva ragione. E anche Eddie Murphy. E anche Charles Darwin.

Probabilmente è un caso e niente più. Certo che però è singolare che in due film di fila made in USA che mi è capitato di vedere ultimamente, ci siano personaggi che, vuoi che tornino indietro, vuoi che si sveglino nel futuro, capitano nello stesso periodo storico. In Dark Shadows il protagonista si ritrova avanti nel tempo nel 1972. In Men in Black 3, Will Smith (alias l’Agente J), torna indietro nel tempo per salvare la vita al suo burbero collega di una certa età, l’Agente K (ovvero Tommy Lee Jones). Forse nel passato scoprirà anche perchè l’Agente K non ride mai. In che anno torna? 1969.

Ripeto, probabilmente è un caso. Però chissà, magari c’è una ragione per la quale il cinema americano torna in quegli anni. Mica erano anni facili, ma hanno portato a qualcosa di grosso. Hanno portato agli anni 80. Forse a qualcuno piacerebbe se anche questi presenti, di anni, portassero a qualcosa di grosso, qualcosa di meglio. E comunque questo film qualcosa degli anni 80 ce l’ha. Ora ci arrivo, un attimo di pazienza.

Premettiamo col dire che in questo film si va indietro nel tempo perchè, come spesso accade quando le saghe proseguono con un certo successo, arriva il punto in cui si deve indagare sulla storia dei personaggi, sul loro passato, sulle loro origini. Una sorta di come tutto ebbe inizio. Questo film non fa eccezione. Scopriamo infatti che K si è preso cura di J dal giorno della morte del suo papà, che a sua volta aveva salvato la vita a K stesso. Tutto questo non avviene in un giorno qualsiasi. Avviene in uno dei giorni più importanti della storia: il giorno in cui avviene il celebre lancio che porta l’America sulla Luna, da Cape Canaveral, Florida. Che ce l’abbia portata davvero o no, chi se ne frega. Fatto sta che, per la gara a chi ha il missile più grosso che gli USA giocavano con l’Unione Sovietica, quello fu uno stampino di non poco conto.

Ebbene, io direi che due sono le cose più interessanti di questa terza puntata della saga MIB. Mi piace pensare che siano collegate tra loro.

Quando J si trova nel 1969, mentre lui e il giovane K di quegli anni sono sulle tracce di un pericoloso alieno che desidera la distruzione della Terra, si imbattono in uno di quelli che in quel periodo si sarebbero chiamati happening. Oggi non so neanche se si fanno più, o forse non si chiamano più così. Beh questo happening è pieno di gente alla moda, di gente che in quel periodo seguiva l’arte e indossava roba strana. Facile capirne il motivo, il 90% di quella gente era fatto di alieni. E tra questi, con un parrucchino biondo e la voce da costante bell’addormentato che proferisce verità alla rinfusa, c’è anche Andy Warhol. La cosa buffa è che il nostro amico Andy è l’unico (o uno dei pochi) a non essere alieno lì in mezzo. E’ un agente MIB sotto copertura. Sono anni che fa l’infiltrato e la sorpresa di J e K quasi gli fa saltare la copertura. Ci fa capire molto dell’arte di Warhol e del motivo profondo che lo ispirava durante la realizzazione delle sue opere.  Quello dell’agente infiltrato è un lavoro duro, molto duro. Tanto che il povero MIB racconta sconsolato ai due colleghi: Sono così prosciugato che disegno banane e barattoli di minestra. E per sfuggire ai suoi invitati che lo vorrebbero tra loro in continuazione, farfuglia la prima scusa che gli viene in mente: sto filmando un uomo che mangia un hamburger. E’…trascendentale.

Molto meno trascendentale e artistico ma decisamente più commovente è il sacrificio del padre di J, che perde la vita per salvare la terra e l’Agente K. C’era chi giustamente faceva gli happening e c’era chi giustamente moriva per la patria.

Come dicevo, non era un periodo facilissimo. Ma c’era fermento. Molto fermento. C’erano un sacco di cose che si muovevano. Ci si preparava inconsapevolmente agli anni 80. I germi del boom dovevano esserci già da allora. A me piace pensare che la pensa così anche il regista e che per questo motivo abbia voluto mettere un germe degli anni 80 in quel 1969 che racconta. Qual è il germe? L’Agente K da giovane. Nel 1969 K è sempre piuttosto burbero, ma innamorato e appassionato. Il giovane K è interpretato da un certo Josh Brolin. A molti di voi non dirà nulla, ma a quelli della mia generazione dovrebbe suggerire molto. In effetti Brolin ha esordito al cinema nel 1985. Con che film? I Goonies, dove interprtava la parte di Brandon Walsh (si, come quello di Beverly Hills 90210), il fratello maggiore, belloccio e costantemente sudato del giovane protagonista, Mikey Walsh, interpretato invece dal mitico Sean Astin, che avrebbe poi raggiunto la definitiva celebrità interpretanto Sam in Il Signore degli Anelli. I Goonies sono uno dei cult più imperdibili degli anni 80.

E K da giovane, nel 1969, aspettando l’arrivo degli anni 80, è decisamente più appassionato di quanto non sia nel presente, negli anni 2000. Questo salto indietro nel tempo gli ricorda che una volta ha avuto dentro quella passione. Non che questo lo cambi radicalmente, resta sempre il serioso K, ma gli apre possibilità di essere di nuovo felice, di essere di nuovo appassionato come una volta.

Ci si riusciva nel 1969, ci si può riuscire anche nel 2012.

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